La preghiera di San Domenico

I Padri domenicani hanno messo in circolazione da alcuni anni un libricino particolarmente accattivante nella sua veste tipografica di carta patinata con coloratissime illustrazioni di un codice miniato (Codex Rossianus 3) conservato nella Biblioteca Vaticana. Questo libro di poche pagine si intitola “I nove  modi di pregare di San Domenico” e descrive, con la freschezza e la vivacità tipiche della letteratura spirituale medioevale, gli atteggiamenti e le posizioni assunte dal Santo durante la  preghiera e la meditazione. Dal suo inchinarsi, genuflettersi e prostrarsi, alzare le braccia al cielo o aprirle a forma di croce, traspare un’invidiabile confidenza nel colloquio col Signore, manifestata esteriormente dal corpo, che si muove però in armonia col cuore e in sintonia con ciò che viene chiesto, oppure con moti di adorazione e penitenza o di ascolto della parola.                                                                                                                         

                                                                   

San Domenico di Guzman è un sacerdote spagnolo che agli inizi del 1200 segue il suo vescovo Diego prima in Scandinavia e poi nella Francia meridionale per combattere l’eresia catara. Alla morte del suo superiore nel 1207 decide di continuare ‘la predicazione nella povertà’ già approvata da Papa Innocenzo III, raccoglie attorno a sé i primi seguaci, e fonda a  Prouille un primo monastero di clausura. La conferma del nome e della missione dei Predicatori arriva dal nuovo pontefice Onorio III tra la fine del 1216 e l’inizio del 1217; nel 1221, anno della morte del canonico spagnolo, l’Ordine appena sorto, conta 5 Province con 50    fondazioni sparse in Italia, Francia, Spagna e Inghilterra, altre stanno nascendo in Germania, Polonia e Ungheria, ed è saldamente radicato nel cuore della Chiesa.
A tredici anni dalla sua scomparsa, nel 1234, San Domenico viene canonizzato e l’Ordine dei Frati Predicatori è ormai disseminato in tutta Europa con 300 conventi e monasteri e continuerà a crescere e ad espandersi nei secoli seguenti.

Nella folla di Santi e Beati fiorita sulla ‘pietra’ Domenico, ricordiamo, insieme a  Santa  Caterina da Siena patrona d’Italia e d’Europa, e a Tommaso d’Aquino insuperato santo della teologia, patrono degli studenti, S. Alberto Magno suo maestro; il beato Giovanni da Fiesole, l’Angelico pittore patrono degli artisti; S. Pio V notevole figura di Pontefice buon pastore; le due grandi  mistiche S. Agnese da Montepulciano e S. Caterina de Ricci; la bella peruviana  S. Rosa da Lima e il suo  contemporaneo e connazionale S. Martino de Porres, simpatico meticcio potente operatore di miracoli; e ancora il grande direttore d’anime S. Vincenzo Ferrer e la santa principessa Margherita d’Ungheria; Sant’ Antonino il vescovo dei consigli e il sacerdote martire S. Pietro da Verona il “cui esercizio non era altro che orare, predicare e disputare con gli eretici…”, eretici che lo assassinarono; agonizzante S. Pietro scrive nella polvere con il proprio sangue l’unica immutabile professione di fede :”credo in Deum”.
L’elenco completo è lungo e degno di essere guardato più a fondo, perché ogni santo lascia intravedere un aspetto particolare della bontà divina, mentre ad osservarli nel loro insieme si scopre che sbocciano qua e là nel mondo secondo bisogni ed occasioni che disegnano una trama di stelle ora splendidamente solitarie, ora raggruppate in luminose costellazioni; santi ora fulgidi per sapienza, ora ardenti di carità  apostolica, ma, sempre e tutti, persone nascoste in Dio anche nella grandezza delle opere terrene.                                                              

                                                                                                                                           
E’ nostro profondo convincimento che l’obiettività storica dell’uomo vada misurata sul dato storico fondamentale in nostro possesso : la vita del Cristo dei Vangeli. L’esistenza terrena, i fatti, i ‘segni’, la predicazione e la passione morte e resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo sono, di fatto, la chiave d’interpretazione d’ogni altra esistenza. Il Cristo è il ‘Dna’ di ciascun uomo, il che fa di lui la base dell’uguaglianza e della giustizia salvifica per un    verso, e per l’altro questo fondamento di unicità posto nella nostra carne, argilla da modellare secondo la sapienza dell’onnipotente Padre di tutti, ricrea ciascuno di noi, attraverso l’opera dello Spirito Santo, come modello irrepetibile, diverso l’uno dall’altro e assolutamente unico nel suo tipo.
Va da sé che quanto più prossima al Cristo è la vita della persona umana, tanto più si personalizza e si caratterizza nella sua vera identità; identità che sfugge al mondo, alle sue misure e definizioni, perché appartiene a Dio.
In questa prospettiva il profilo del nostro Santo Fondatore risulta sorprendente, nel suo nascondimento la configurazione al Cristo è degna della santità sua e della famiglia intera che ne porta il nome. E se viene facile identificarlo con la predicazione evangelica, avendo San Domenico fondato l’Ordine dei Predicatori con questo particolare carisma, tuttavia la vena sorgiva e vitale del Santo spagnolo e del suo ordine è la preghiera. La figura di san Domenico splende e si fa conoscere nei suoi ‘nove modi di pregare’ : come Gesù si ritira in luoghi solitari per parlare col Padre; come lui si lamenta e geme su ‘una generazione perversa’; come il Figlio dell’uomo ‘non ha dove posare il capo’; con Cristo agonizza e muore, e di quale passione di umiliazione e di sofferenza; come Gesù predica, benedice e perdona.
La preghiera diviene così il punto di forza che spinge a ‘dire bene’ la Parola di Dio fra le genti, è il “parlare con Dio per parlare di Dio” proprio di Domenico che S. Tommaso d’Aquino tradurrà magnificamente nel suo “contemplari et contemplata aliis tradere”.