L’INNO ALLA CARITA’ : “L’AVETE FATTO A ME”

 

Amore di Dio e amore del prossimo sono inseparabili, sono un unico comandamento. Entrambi però vivono dell'amore preveniente di Dio che ci ha amati per primo. Così non si tratta più di un  comandamento dall'esterno che ci impone l'impossibile, bensì di un'esperienza dell'amore donata dall'interno, (ricordate all’inizio storia ed escatologia, l’eterno nel tempo) un amore che, per sua natura, viene partecipato ad altri (per natura, non per obbligo). L'amore cresce attraverso l'amore, come il seme di grano che cresce da solo, come non si sa, così il seme dell’amore, dell’eterno, in noi.. L'amore è « divino » perché viene da Dio e ci unisce a Dio e, mediante questo processo unificante, ci trasforma in un Noi che supera le nostre divisioni e ci fa diventare una cosa sola, fino a che, alla fine, Dio sia “tutto in tutti”.
Nella Chiesa si è sempre parlato di santità. La santità è sempre stata presentata come l’ideale cristiano da raggiungere: “Dobbiamo farci santi” dicevano un tempo i predicatori durante gli esercizi spirituali. Non che Paolo sia contrario a questo modo di ragionare, ma si colloca da un’altra prospettiva che probabilmente è più affidabile: santi noi lo diventiamo perché Dio ci ha raggiunti con la sua azione e ci ha fatti nuovi a partire dall’intimo; noi siamo santi perché Dio ha riversato nei nostri cuori la sua forza d’amore. E la via attraverso la quale giungervi per il cristiano che vive nel mondo è espressa nella Lumen Gentium, 31 :”Per loro vocazione è proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio”.
Ma è la carità, e solo la carità, che edifica la Chiesa nell’azione di ogni membro della stessa, anche dei laici. Potremmo cambiare i modelli del rapporto tra la Chiesa, il laicato, il mondo: se venisse meno la carità nessun modello servirebbe.
L'amore del prossimo radicato nell'amore di Dio è compito di ogni singolo fedele e di tutta la comunità ecclesiale, che nella sua attività caritativa deve rispecchiare l’amore trinitario.
“L'intima natura della Chiesa – dice Benedetto XVI nella Deusa caritas est - si esprime in un triplice compito: annuncio della Parola di Dio (kerygma-martyria), celebrazione dei Sacramenti (leiturgia), servizio della carità (diakonia). Sono compiti che si presuppongono a vicenda e non possono essere separati l'uno dall'altro. La carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza…La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo. In questa famiglia non deve esserci nessuno che soffra per mancanza del necessario. Al contempo però la caritas-agape travalica le frontiere della Chiesa; la parabola del buon Samaritano rimane come criterio di misura, impone l'universalità dell'amore che si volge verso il bisognoso incontrato « per caso » (cfr Lc 10, 31), chiunque egli sia…Questo amore non offre agli uomini solamente un aiuto materiale, ma anche ristoro e cura dell'anima, un aiuto spesso più necessario del sostegno materiale. “Perciò, oltre alla preparazione professionale, a tali operatori (coloro che svolgono attività caritative) è necessaria la «formazione del cuore»: occorre condurli a quell'incontro con Dio in Cristo che susciti in loro l'amore e apra il loro animo all'altro, così che per loro l'amore del prossimo non sia più un comandamento imposto per così dire dall'esterno, ma una conseguenza derivante dalla loro fede che diventa operante nell'amore”
La carità non deve essere un mezzo per fare del proselitismo. L'amore è gratuito; non viene esercitato per raggiungere altri scopi. Ma questo non significa che l'azione caritativa debba lasciare da parte Dio e Cristo. È in gioco sempre tutto l'uomo. Spesso è proprio l'assenza di Dio la radice più profonda della sofferenza. Chi esercita la carità in nome della Chiesa non cercherà mai di imporre agli altri la fede della Chiesa. Egli sa che l'amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la miglior testimonianza del Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare. Il cristiano sa quando è tempo di parlare di Dio e quando è giusto tacere di Lui e lasciar parlare solamente l'amore. Egli sa che Dio è amore e si rende presente proprio nei momenti in cui nient'altro può essere fatto fuorché amare. “
La Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo : i poveri perciò devono sentirsi in ogni comunità cristiana, come “a casa loro”.
È quindi molto importante che tutte le testimonianze di carità conservino sempre alto il loro profilo specifico, nutrendosi di umiltà e di fiducia nel Signore, mantenendosi libere da suggestioni ideologiche e da simpatie partitiche, e soprattutto misurando il proprio sguardo sullo sguardo di Cristo: è importante dunque l’azione pratica ma conta ancora di più la nostra partecipazione personale ai bisogni e alle sofferenze del prossimo.
“Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace presentazione della buona novella del Regno? Senza questa forma di evangelizzazione, compiuta attraverso la carità e la testimonianza della povertà cristiana, l'annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone. La carità delle opere assicura una forza inequivocabile alla carità delle parole.”
I due discepoli di Emmaus, due laici, incoraggiati da Gesù, parola ed eucaristia, sono ripartiti "senza indugi " per raccontare l'accaduto.
La sfida delle opere di carità oggi è nella ripresa conciliare del ‘segno’ in riferimento all’opera stessa, che abbia un valore relativo da una parte e un più profondo valore simbolico dall’altra: cioè legato alla liturgia, alla conversione, alla comunione-fraternità, più alla debolezza e semplicità che all’affermazione e all’identità. In altre parole si tratta – come già ricordava il beato Orione – di “passare dalle opere di carità alla carità delle opere”.
Mons. Tonino Bello (Fino in cima) dice :” ..è necessario mettere al primo posto nell’opera di evangelizzazione e testimonianza della carità l’incontro con Dio, e il dono dell’ esperienza di Dio. Se manca il nostro rapporto con Dio, se non sentiamo il dono dell’esperienza di Dio, noi faremo soltanto un buco nell’acqua o nell’aria: La necessità quindi della preghiera, della vita interiore della meditazione. Altrimenti saremo sempre anemici.”
Torno a ripeterlo con altre parole: solo la vostra unione personale e profonda con Cristo assicurerà la fecondità del vostro apostolato, qualunque esso sia. Cristo, voi lo incontrate nella Scrittura, nella partecipazione attiva sia alla liturgia della Parola sia alla liturgia Eucaristica. Voi lo incontrate nella preghiera personale e silenziosa, insostituibile per assicurare il contatto dell’anima col Dio vivo, fonte di ogni grazia. La preghiera come mezzo per attingere sempre di nuovo forza da Cristo, diventa qui un'urgenza del tutto concreta.
L'amore è possibile, e noi siamo in grado di praticarlo perché creati ad immagine di Dio. Vivere l'amore e in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo, questo è il vostro impegno, questo è il vostro annuncio.
La fedeltà al vangelo vissuto in famiglia, nel lavoro, nell’impegno culturale, sociale e politico è culto spirituale a Dio e manifestazione del suo regno già presente nella storia. Con il contributo dei fedeli laici la città di Dio cresce dentro la città dell’uomo, la illumina e la trasfigura (Il lievito evangelico).
Per citare ancora San Paolo, egli direbbe :“Tutto io faccio per il Vangelo” o con parole che mi sembrano adeguate a questo momento :"Fate di Cristo il cuore del mondo", compito tipicamente laicale per la trasformazione del mondo secondo il progetto di Dio e a misura dell'uomo.
O ancora, e forse meglio, modificando la frase che ho usata come leit motiv in questa seconda meditazione la Chiesa è la famiglia di Dio nel mondo : la Chiesa che è la famiglia di Dio si dilati fino a comprendere l’intero mondo, l’amore può farlo.

Vi ringrazio per la vostra “magnanimità” nell’avere ascoltato benevolmente queste riflessioni, che sono state utili senz’altro a me nel prepararle : perché mettere mano a pensieri belli e buoni, da vita allo spirito e luce all’anima.
Grazie.