MICHEA : IL DIO IN CAMMINO

 

“Tutti gli altri popoli camminino pure

ognuno nel nome del suo dio,

noi camminiamo nel nome del Signore Dio nostro,

in eterno, sempre.” (Mich. 4,5)

 

Circa una decina di anni separano Michea da Amos e da Osea (750 a.C.-740 a.C.); Isaia è suo coetaneo. Viene da una famiglia contadina della Giudea : ha dunque in comune l’ambiente campagnolo con Amos che, tuttavia, è un proprietario di bestiame, mentre la famiglia di Michea, originaria di Moreseth, piccolo villaggio ad est di Gerusalemme, è “impoverita e oppressa” e il profeta parla per esperienza diretta quando dice :” [...] voi strappate ai poveri la pelle di dosso e la carne dalle ossa”. (3,2) Coraggiosamente egli porta la sua accusa contro quello che noi oggi usiamo chiamare il sistema, contro i “[...] capi di Gerusalemme [... e i] governanti della casa di Israele [...] Nemici del bene, amanti del male” che compiono alla luce dell’alba, dopo averlo ideato nella notte, “[...] perché in mano loro è il potere”. Si direbbe che oppressi e oppressori sono gli stessi di sempre, pur se cambiano gli scenari, da Roma al Medioevo, dalle rivoluzioni dell’89 e del 17, all’America Latina dei giorni nostri. E unendo la sua voce a quella di Amos, Michea denuncia il tradimento del sogno di Dio, quello di un’economia di uguaglianza (7, 3-4), sogno perennemente sognato da Dio e perennemente tradito dagli uomini. Con Osea invece Michea ha in comune il tema della tenerezza di Dio, usando, a sua volta, espressioni dolcissime : al “resto” di Israele il Signore promette che saranno “come pecore in un sicuro recinto, come una mandria in mezzo a un pascolo”, staranno “come rugiada mandata dal Signore, come pioggia che cade sull’erba che non attende nulla dall’uomo e nulla spera dai figli dell’uomo”, immagine quest’ultima straordinariamente poetica, per esprimere la totale dipendenza dell’uomo esclusivamente dalla misericordia di Dio che nella misericordia appunto trova il suo “piacere” (“si com-piace di usare misericordia” 7,18). Accenniamo solo di passaggio al profetismo messianico che avvicina Michea al suo più grande coetaneo Isaia; con precisione impressionante, Michea indica esplicitamente : “E tu Betlemme di Efrata, [...] da te uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti.” (5,1) : accenno alla stirpe davidica o addirittura alla “sapienza che siede in trono” accanto a Dio e che “era presente” quando Egli creava il mondo?

Ma il tema che in Michea raggiunge una grande originalità e anche una attualità avvincente è il tema del cammino: “Uomo ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te : praticare la giustizia, amare teneramente, camminare umilmente con il tuo Dio” (6,8). Camminare con Dio è vivere autenticamente, ma bisogna imparare a camminare insieme : con Dio e con gli altri; e saper camminare con gli altri  è praticare la giustizia e amare teneramente. Con Dio bisogna camminare umilmente e Dio stesso dà esempio di umiltà invitando l’uomo a camminare con Lui, perché anche Dio cammina : “[...] il Signore esce dalla sua dimora e scende e cammina sulle alture del paese” (1,3). Dio camminava nel giardino dell’Eden e Adamo ed Eva, dopo il peccato, avvertivano tremando il suo passo. Ma è anche Cristo che cammina per le strade della Palestina, che si accompagna ai discepoli di Emmaus e chiarisce loro il senso delle Scritture; è il Dio del messaggio di tenerezza dell’anonimo rasiliano, che nel sogno cammina con l’uomo in riva al mare, lasciando le sue orme accanto a quelle umane; e quando l’orma sembra divenire una, orfana e abbandonata, essa è invece ancora l’orma di Dio che cammina, portando l’uomo in braccio nelle ore difficili. La voce di Dio è una voce “in cammino”, che si rivela a poco a poco; Gregorio Magno dice : “Il discorso divino cresce insieme a chi lo legge”. 

Chiudiamo con le parole del Padre domenicano J.D. Crossan : “ Il Dio degli Ebrei, il Dio dei Cristiani è per natura il Dio della giustizia [...]. Se credi in questo Dio, devi essere posseduto dalla passione per la giustizia [...], devi saper coniugare la passione per la giustizia con la compassione [...che] per quanto necessaria e profondamente umana, non può [però] sostituirsi alla giustizia, al diritto di tutti ad eguale dignità e integrità di vita”. E perciò, più che mai : “Uomo ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te”.