Teniamo alta la luce

Omelia del cardinale a San Domenico lo scorso 2 Febbraio in occasione della festa della Presentazione di Gesù al Tempio e giornata della Vita consacrata

 

Bologna, basilica di San Domenico

02-02-2021

 

E’ con grande emozione che ci siamo raccolti in questa basilica di San Domenico per celebrare insieme alla sua famiglia l’Anno giubilare, il dono della sua vita e del suo carisma.

E’ luce che accende luce e santità che sempre comunica santità ed aiuta ad essere santi. Non sappiamo sempre per chi e come, ma si comunica.

“To be”, diceva Annalena Tonelli, esserci anche quando gli altri non capiscono e tu non capisci perché sei prezioso per loro. Siamo consacrate e consacrati negli Istituti religiosi, monastici, contemplativi, negli istituti secolari e nei nuovi istituti, membri dell’Ordo Virginum, eremiti, membri delle società di vita apostolica.

Desidero anche ricordare le consacrate e consacrati anziani, che sono in difficoltà per la pandemia, quelli vicini e quelli lontani, in tanti luoghi di missione. Permettetemi di ricordare tra questi il bolognese padre Aldo Marchesini, dehoniano, che è ricoverato in ospedale a Quelimane in Mozambico, dove da medico ha salvato la vita di migliaia di persone. Siamo una varietà di storie e esperienze che compongono il famoso poliedro che definisce la Chiesa.

Questa ha sempre affrontato la sfida delle diversità e dell’unità, di essere un cuore solo e un’anima sola ma mai di uguali, di pensarsi insieme e allo stesso tempo al plurale, di essere dentro Babele eppure parlando nella confusione della città degli uomini l’unica lingua che arriva al cuore di tutti! Il corpo della Chiesa ha bisogno di ogni suo membro, cioè dono, carisma, ricchezza. Anche per questo non viviamo per noi stessi e non facciamo mancare il nostro personale dono perché non è un problema individuale! Tante ricchezze, come i 300 anni dei nostri fratelli passionisti.

Davvero il tutto è superiore alla parte, perché non la annulla ma la completa e solo così la parte trova se stessa. Il mio è tuo: questo ricorda anche a noi il padre misericordioso come a quel suo figlio maggiore attento alla sua identità che sentiva minacciata dalla misericordia.

Vive nella casa del padre, pensa di appartenergli più del padre stesso ma ha il cuore lontano. Si sacrifica ma non sa donare, si sente quindi incompreso, come se alla fine sia tutto uguale per cui si sente in diritto di essere intransigente, rifiutare la festa perché non crede possibile la resurrezione di uno che ha sbagliato tutto e ne è disinteressato. Viviamo oggi l’esperienza spirituale ed umana del tempio di Gerusalemme con Simeone e Anna.

I nostri occhi sono pieni della sua luce, che dona pienezza alla nostra vita personale e comunitaria, pur sempre così segnata dalla parzialità e dalle nostre contraddizioni.

E’ un’esperienza sempre nuova, arricchita da questa comunione così larga e confortante. Siamo tutti a tavola con san Domenico! La bellezza di Cristo passa sempre per la nostra debolezza! Guai a cercare una perfezione che non la trasfiguri o anzi che la nasconda o pensi di cancellarla!

Nella lettera per San Giuseppe, Patris Corde, giustamente Papa Francesco ricorda come sia il maligno che “ci fa guardare con giudizio negativo la nostra fragilità, lo Spirito invece la porta alla luce con tenerezza. È la tenerezza la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi.

Il dito puntato e il giudizio che usiamo nei confronti degli altri molto spesso sono segno dell’incapacità di accogliere dentro di noi la nostra stessa debolezza, la nostra stessa fragilità”. Il contrario di questa è la forza della misericordia non un’amministrazione del proprio senza cuore e senza fratelli! Prendiamo anche noi in braccio la sua presenza per lasciarci sollevare da Lui. Lasciamoci illuminare dalla tenerissima bellezza di un Dio bambino, per capire e ritrovare il senso della nostra attesa e la luce che il Signore ha acceso nella nostra vita e non solo per noi ma per il mondo.

Di questa tenerezza e speranza c’è tanto bisogno in questo tempo di crisi, che richiede a noi la speranza di Simeone e Anna, pieni di Spirito. Essi non smettono di attendere, di cercare, non si arrendono alle avversità.

“Siamo spaventati dalla crisi non solo perché abbiamo dimenticato di valutarla come il Vangelo ci invita a farlo, ma perché abbiamo scordato che il Vangelo è il primo a metterci in crisi. Il tempo della crisi è un tempo dello Spirito” e se lo viviamo così “davanti all’esperienza del buio, della debolezza, della fragilità, delle contraddizioni, dello smarrimento, non ci sentiremo più schiacciati, ma conserveremo costantemente un’intima fiducia che le cose stanno per assumere una nuova forma, scaturita esclusivamente dall’esperienza di una Grazia nascosta nel buio”.

E’ in una condizione di crisi che un vecchio aspetta la redenzione di Israele, non una consolazione solo per sé. Attende, perché sente lo sconforto, l’angoscia, il gemito della sua gente. Certo, le prove sconsigliano l’attesa, spengono la speranza e avrà anche lui avvertito l’amarezza della delusione, la tentazione del vittimismo o di una rassegnata mediocrità. Dovevamo entrare illuminati da questa luce. In realtà le prenderemo all’uscita, come a dire che non basta avere la luce accesa qui dentro, dove tutto è più facile, ma dobbiamo portarla dove c’è il buio!

Quante lampade accese abbiamo incontrato e hanno illuminato la nostra vita! E anche quanto la abbiamo riflessa donando ad altri la stessa gioia di Simeone e Anna. Ad esempio in questo tempo di pandemia penso a coloro che ne hanno vista un riflesso nella loro sofferenza, attraverso una visita, un gesto di tenerezza mentre combattevano soli contro la malattia. Penso a parole illuminate di fede che consolano il dolore acuto di non avere potuto accompagnare le persone care nel loro ultimo tratto di cammino sulla terra. In quel riflesso, che possiamo facilmente disprezzare alla ricerca di qualcosa di definitivo e più convincente, contempliamo come Simeone e Anna già tutta la salvezza.

E anche la nostra vita diventa attraente nelle tenebre della paura e della solitudine, delle tante solitudini che pesano sulla vita delle persone. E poi se i vecchi hanno sogni i giovani avranno visioni! Non ci accontentiamo di qualche spazio da amministrare nel nostro tempio oppure di esaurirci in contrapposizioni interne, per certi versi facili, prevedibili, obsolete (i conflitti, così diversi dalla crisi).

Questa luce vuole e può illuminare le tenebre, quelle evidenti e quelle nascoste che la pandemia ha creato e rivelato nel cuore di tanti. Tutti, inconsapevolmente o meno, aspettano la stessa consolazione di Simeone e cercano di riconoscere Gesù e di avere la gioia di qualcuno che lo presenti, che ne sappia parlare perché lo possa stringere a sé e farsi stringere da Lui! Vogliamo raggiungere la desolazione della solitudine, l’incertezza della ragione, l’angoscia per il domani, la povertà che disorienta, la fatica a credere e a ricominciare.

Trasmettiamo il volto lieto di una Chiesa madre. Portiamo con la luce della nostra vita la verità che è Gesù, che non si trasmette in maniera asettica, ma attraverso la nostra umanità, così com’è. Non si fanno figli in laboratorio, perché il Signore ha bisogno della nostra umanità e delle comunità. E’ solo la povertà, cioè l’amore gratuito, che ci fa possedere tutto in un mondo regolato dall’interesse individuale.

E’ l’essere casti, cioè liberi dal possesso, che ci lega per davvero agli altri e ci fa trovare il prossimo, ed è l’obbedienza alla Parola che ci affranca da tante dipendenze e permette la vera libertà di amare. “Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata viene chiesto questo tipo di maturità”. E’ quella che viveva San Domenico, che a Bologna conquistava gli scolari con la sua bontà e la vivacità della sua intelligenza. Domenico era amichevole e gioioso, la sua pace interiore traspariva chiaramente, come immaginiamo il volto di Simeone e Anna, come il nostro volto quando è pieno dello Spirito di luce.

E’ uomo di comunione, tanto che quando si pensa ai Domenicani, a dispetto del nome del Padre si pensa sempre alla sua famiglia. E il suo ritratto, che offre il motivo dell’anno giubilare, non a caso è inserito nell’immagine della comunità a tavola, banchetto umano e spirituale. Teniamo alta la nostra luce anche se a volte sembra confondersi con tante più forti eppure è quella che cambia la vita nostra e delle persone.

Noi e le nostre famiglie siamo già universali in un mondo di soli che per paura si chiude e si contrappone. Viviamo la gioia di relazioni umane ricche perché piene di interesse e di tenerezza, attente gli uni verso gli altri perché piene di Dio.

Che la nostra vita rifletta questa luce e affidiamo a tanti che aspettano la presenza viva dell’amore tenerissimo di Cristo, perché possano stringerlo e sentirsi amati da Lui.

 

fonte: chiesadibologna.it

A tavola con San Domenico

Il 6 agosto 2021 ricorrono gli 800 anni dal “DIes Natalis” di San Domenico. In occasione di questa ricorrenza, l’ordine domenicano ha indetto un anno giubilare che è iniziato il 6 Gennaio e terminerà il 6 Gennaio 2022.

 

Perché questa data?

Come spiegato dal nostro provinciale, padre Alici, durante la celebrazione di apertura al giubileo, san Domenico voleva che i domenicani avessero l’atteggiamento di adorazione dei re magi davanti a Gesù Bambino.

Per Lui l’epifania era la festa più importante e significativa. Padre alici ha anche citato le preghiere che ora sono state assunte dal Messale, ma che un tempo erano sempre recitate dai domenicani, si trovano su Vita Fratum:

“Illumina o Signore, con il dono dello spirito santo il cuore dei toi servi e dà loro un parlare infocato, e a coloro che predicano la tua parola,dona un accrescimento nella virtù.”

“concedi o Signore ai tuoi servi, una parola piena di grazia, santifica i doni che ti offriamo,visita i loro cuori e dona loro salvezza”

”conserva o Signore, i tuoi servi che si sono ora nutriti del corpo e del sangue del tuo figlio unigenito e concedi abbondanza di grazie a quanti annunciano la tua parola.”

Il titolo dell’anno giubilare è dovuto alla tavola della Mascarella, su cui si trova il primo ritratto di san Domenico.

Per l’occasione, il Maestro Generale, il 31 Gennaio 2020 ha scritto una lettera a tutto l’ordine.

Gli Appuntamenti

Gli appuntamenti per ora sono: 

  • il 24 maggio, festa della traslazione di san Domenico, occasione in cui è stato invitato Papa Francesco per presiedere alla celebrazione.
  • Il 4 Agosto, giorno del Dies Natalis di San Domenico, il Maestro Generale presiederà la celebrazione eucaristica e il 6 Gennaio, il priore provinciale della provincia di San Domenico concluderà con una celebrazione eucaristica.
  • Pandemia permettendo si dovrebbe fare un pellegrinaggio che va da Roma a Bologna, che sarà al più presto pubblicato dal comitato per il Giubileo.
  • dal 25 marzo 2021 al 7 ottobre 2021 la Basilica di San Domenico a Bologna ci sarà la mostra “A tavola con San Domenico” in cui l’intera “Tavola della Mascarella” sarà presentata per la prima volta
  • dal 22 al 25 settembre 2021 in collaborazione con l’Università di Bologna, il Comitato per il Giubileo terrà una conferenza storico-scientifica  sul tema del Giubileo

Questi per ora gli appuntamenti ufficiali.

Aggiungiamo anche, con fraterna gioia, l’apertura del giubileo del primo monastero domenicano, fondato a Roma da san Domenico il 28 Febbraio 2021. La celebrazione eucaristica, presieduta dal Maestro dell’Ordine Fr. Gerard Timoner o.p. sarà alle ore 11, ovviamente domenica 28 Febbraio. Presso la Chiesa di S.Maria del rosario a Monte Mario, Roma.


La preghiera

Concludiamo questa breve condivisione con la preghiera che è stata scritta in occasione del giubileo:

Dies Natalis Sancti Dominici

O Signore

 

nostro creatore, redentore e amico.

 

Nella preghiera ci rivolgiamo a te con la nostra lode,

 

la nostra benedizione e la nostra predicazione.

 

Ottocento anni fa hai chiamato

 

san Domenico alla vita eterna

 

e lo hai invitato a prendere parte

 

alla tua mensa in Paradiso.

 

Aiutaci a vivere con spirito autentico questo Giubileo

 

e donaci la tua grazia, perché possiamo

 

realizzare la nostra missione di predicare

 

per la salvezza delle anime.

 

Aiutaci a nutrire il tuo popolo con il pane

 

della tua verità, della tua misericordia e del tuo amore,

 

fino al giorno in cui saremo

 

ricongiunti a tutti i nostri santi e beati.

 

Te lo chiediamo come Famiglia Domenicana

 

per l’intercessione di Maria,

nostra Madre, nel nome di Gesù. Amen.


 

Domenico, uomo tutto di Dio

«Padre dei predicatori, Domenico tutto di Dio, testimone di vera Carità, esempio vivo di grande santità.»


 

«Il sogno che annunciava la tua nascita, premoniva la tua fedeltà al Vangelo, come fuoco che arde nella notte, che è custodito da ottocento anni.»


 

«La stella che brillò sulla tua fronte è la santità che segna la tua vita, è quell’astro che guida il tuo Ordine, è come àncora in mare tempestoso».


 

«La Carità in te opera, e trasforma pelli morte in pelle viva, porta frutto ai confini del mondo e ti arricchisce della stola regale».


 

«Il grano ammassato marcisce, seminato, invece, porta molto frutto: inviasti i tuoi fratelli nel mondo per seminare il Verbo eterno del Padre».


 

«Tu, seme germogliante di vita che Dio dona al creato, mendicando porti il Figlio unigenito e doni gioia eternità e vita».


 

«Tu sei radice feconda, dalla quale germoglia il santo ordine, un giardino odoroso e tutto largo, il cui frutto è la croce di Cristo».


 

«Sei tu che parlavi con Dio e l'Altissimo ha cura di te, ma parlavi anche cdi Dio e dal tuo volto s'irradia la luce».


 

«Ravviva ogni virtù il Rosario e mantiene la Carità nell'uomo. Predicando insegnasti la preghiera, che è rivolta alla "Madre di grazia"».


 

«Vedesti nel tuo sogno Maria, "aiuto dei cristiani", che accoglieva tutti i tuoi figli sotto il suo manto di misericordia e amore».


 

«Sia lode al Dio, trino ed unico, al Padre, al Figlio e al Santo Spirito: innalzasti la tua umile prece che esaudisce la preghiera dei credenti».