AMOS,IL “RUGGITO” DI DIO

Nell’ordine cronologico, il libro di Amos è il primo libro profetico : consta di due parti, la prima (cc.1-6) raccoglie i vaticini e la seconda (cc.7-9) elenca cinque visioni. In apertura Amos ci fornisce una specie di scheda anagrafica :“Parola di Amos, che era pecoraio di Tekòa [...] al tempo di Ozia re della Giudea, e al tempo di Geroboamo [...] re di Israele”. Abbiamo così dal profeta stesso la collocazione nel tempo (a metà circa dell’VIII secolo a.C.) e nello spazio che è costituito dai due regni, quello del Nord, Israele, con capitale Samaria e quello del Sud, Giuda con capitale Gerusalemme, in cui si divise l’Israele davidico alla morte di Salomone (931 a.C.); caratterizzato da instabilità politica e varietà tribale il primo, idolatra e convertitosi a un culto con sede in diversi santuari e con modalità cultuali cananee; più omogeneo come popolazione il secondo e fedele alla stirpe messianica di David e al culto dell’unico Dio YHWH, nell’unico tempio, quello di Gerusalemme. Amos è un allevatore di bestiame, gode cioè di un certo benessere economico ed appartiene a quel mondo contadino, agricolo e pastorale, che viene sconvolto nelle sue strutture tradizionali, soprattutto in Israele, dalla trasformazione delle proprietà : la ricchezza si concentra nelle mani di pochi, la piccola proprietà a conduzione familiare cede sempre più il passo al latifondo, l’ex piccolo proprietario diventa fittavolo dapprima e poi servo che deve vendersi per pagare i debiti. Nel momento in cui le tribù si erano federate, ogni famiglia aveva ricevuto un pezzo di terra, per garantire a tutti l’accesso alle necessità vitali; la formazione del latifondo scardina l’economia di uguaglianza che era stata il sogno dell’ Israele mosaico, avente per base una politica di giustizia e per garante lo stesso YHWH; la grande proprietà israeliana dimentica, nel processo di arricchimento, gli impegni dell’Alleanza verso i propri fratelli. A questo dovrebbe porre rimedio la magistratura, ma la rottura dell’equilibrio nella distribuzione della ricchezza provoca anche corruzione e venalità:“Essi sono oppressori del giusto, incettatori di ricompense e respingono i poveri nel tribunale”.(Am.5,12) Strappato al suo mondo dall’ineludibile chiamata di Dio, Amos che è nativo di Giuda (Tekòa era a pochi chilometri da Betlemme), si reca nelle città di Israele ad incontrare la nuova ricchezza che vive in case lussuose, sfarzosamente arredate; intarsi di avorio e damaschi sono degli status symbol. E’ il lusso orientale, delle società idolatriche che ha sedotto l’ebreo, tradizionalmente sobrio e austero, ma per questo lusso “[...] hanno venduto il giusto per denaro e il povero per un paio di sandali”. (Am. 2,6) Su questa società opulenta di “spensierati e buontemponi” si abbatteranno gli eventi luttuosi e catastrofici: nel testo profetico si succedono immagini di un’incredibile violenza. Ma l’invettiva ruggente di Amos è l’invettiva di Dio :”Il Signore ruggisce da Sion”, parola urlata di quello stesso Dio che aveva affidato a Mosè il suo sogno per l’umanità, basato sul diritto di accesso per tutti alle necessità vitali e sul mutuo soccorso. Seguono incalzanti e infuocati i giudizi di Dio sulle nazioni che circondano Israele, Aramei, Filistei, Fenici, Edomiti Ammoniti, Moabiti. “Per tre misfatti e per quattro” : quest’espressione si ripete in modo cadenzato, come il rintocco di una campana che suona la morte per questi popoli che hanno commesso, noi diremmo oggi, “crimini di guerra”. Ma il peccato di Israele (e anche di Giuda) è di diversa natura; essi sono il popolo dell’Alleanza, cui Dio ricorda :”Soltanto voi ho eletto tra tutte le stirpi della terra” (Am. 3,2); ed essi hanno smarrito il ricordo del grande disegno che presiede alla loro storia. Ma nel popolo eletto tutta l’umanità ha peccato, per poi continuare a peccare. La sconcertante attualità del libro di Amos consiste soprattutto, ci sembra, nella rivelazione che la solidarietà e l’umanitarismo hanno un senso (e un’irrinunciabilità) solo se alla loro base vi è un “sogno”, cioè il disegno divino di un’eguaglianza che non è solo giuridica o economica, ma religiosa e morale, una eguaglianza nella quale il più forte si fa carico del più debole, fin che questi cessa di esistere, non per eliminazione fisica, ma perché posto nella condizione di non essere più “debole”. Il messaggio che Dio lancia attraverso Amos anticipa la pericope del Vangelo di Matteo in cui Cristo non annunzia più eventi catastrofici terreni, ma il giudizio finale, “via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno”, a coloro che hanno ancora tradito il disegno di Dio : il comandamento dell’amore.La possibilità di una solidarietà solo e soltanto laica più che un’utopia è una mistificazione. La presenza dei poveri, sempre più poveri, non contrasta con alcuna legge economica, costruzione puramente umana, in cui non si fa cenno al problema della sofferenza. Oggi i poveri sono immense moltitudini e il Dio della Bibbia è sempre con loro :”Per l’oppressione dei poveri io sorgerò, dice il Signore”. (Sal. 11,6) Il cristiano deve anch’esso schierarsi, altrimenti ancora una volta il disegno di Dio verrà tradito. E per bocca di Amos Dio avverte l’uomo di ogni tempo :”Preparati all’incontro con il tuo Dio, o Israele”.